martedì 24 febbraio 2009

domenica 22 febbraio 2009

Ciao zia

riposa in pace

sabato 21 febbraio 2009

venerdì 20 febbraio 2009

E crescendo impari.....


E crescendo impari che la felicità non e' quella delle grandi cose.
Non e' quella che si insegue a vent'anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi...
La felicità non e' quella che affanosamente si insegue credendo che l'amore sia tutto o niente,...
non e' quella delle emozioni forti che fanno il "botto" e che esplodono fuori con tuoni spettacolari...,
la felicità non e' quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose....
...e impari che il profumo del caffe' al mattino e' un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.

E impari che l'amore e' fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,
e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.

E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.

E impari che tenere in braccio un bimbo e' una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...
E impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.

E impari che nonostante le tue difese,
nonostante il tuo volere o il tuo destino,
in ogni gabbiano che vola c'e' nel cuore un piccolo-grande
Jonathan Livingston.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
( Anonimo )

luca era gay....



c' è speranza per tutti

giovedì 19 febbraio 2009

IL mito di Diomede


Diomede è un personaggio della mitologia greca. Figlio di Tideo e di Deipile, fu uno dei principali eroi achei della guerra degli Epigoni e della Guerra di Troia. Oltre all’importanza come guerriero, Diomede assume un ruolo rilevante come diffusore della civiltà, specie nell’Adriatico.
La stirpe di Diomede regnava su Calidone, ma il nonno Eneo era stato spodestato da un usurpatore. Diomede così nacque in esilio, ad Argo. Rimase orfano da bambino: suo padre morì sotto le mura di Tebe, città posta sotto assedio per riportare sul suo trono il legittimo regnante.

Diomede passò la giovinezza ad allenarsi nell’arte della guerra insieme ai sei figli degli altri comandanti morti a Tebe, nel desiderio di vendicare la morte del padre, di ridare il trono a suo nonno e di far trionfare così la giustizia. Una volta adulti, Diomede e i suoi compagni furono i sette Epigoni: indissero la seconda guerra contro Tebe e la vinsero. Durante la guerra però morì il re di Argo.

Dopo aver combattuto sotto le mura di Tebe, Diomede volle anche ridare il trono a suo nonno Eneo; con l'aiuto di un compagno ci riuscì e finalmente tornò a casa. Ad Argo Diomede si sposò con Egialea, orfana del re, e diventò così re della sua città. Ora avrebbe voluto governare in pace e dedicarsi alle gioie familiari. Ben presto, però, dovette partire per la guerra di Troia.

Dante Alighieri parla di Diomede nell'VIII cerchio (Inferno - Canto ventiseiesimo), VIII bolgia, la bolgia dei consiglieri fraudolenti, che nella loro vita reale agirono di nascosto e quindi la loro pena nell'inferno sarà quella di essere celati dalle fiamme alla vista altrui. Egli infatti si trova avvolto in una fiamma insieme con Ulisse, poiché proprio con lui andò a rubare nel Palladio la statua da cui dipendevano le sorti di Troia.

martedì 17 febbraio 2009

Paolo di Tarso


“Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, secondo i disegni di Dio” (Romani 8, 18-27).

“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla” (1 Corinzi, 13).

“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”.Romani (8, 35-39)


questo è Paolo di Tarso

lunedì 16 febbraio 2009

la storia della Nutella


Quanti di noi non riescono a stare lontani da questo stupendo prodotto made in Italy?
Quante diete sono andate a farsi benedire per l' irrinuniciabile sapore della Nutella


La Nutella vera e propria, come la conosciamo tutti noi oggi, nasce ufficialmente nel 1964, ma le sue origini risalgono al periodo postbellico, siamo esattamente nel 1945, nel retrobottega della pasticceria Ferrero, ad Alba in Piemonte.

In quel periodo giravano pochi soldi e soprattutto la gente non poteva permettersi di spendere per comprare i dolci. Già da tempo Mastro Pietro Ferrero stava tentando di creare un nuovo prodotto, a base di cioccolato, che fosse però poco costoso ma comunque buono. Fu in una sera come tante che Mastro Ferrero ebbe l’idea illuminata di amalgamare l’impasto già noto del cioccolato gianduia (vedi storia del gianduiotto) con il burro di cocco, ciò che ne venne fuori fu una specie di marmellata semisolida. Una volta raffreddato in uno stampo rettangolre, l’impasto si trasformò in una sorta di grosso panetto solido da tagliare a fette. Era nata la Nutella! Il suo primo nome tuttavia fu “Giandujot”, ispirato ad un classico della pasticceria piemontese. Il nuovo prodotto riscosse immediatamente un successo inaspettato e Pietro Ferrero ebbe un’altra geniale intuizione: distribuire il suo prodotto non solo in panetti da tagliare, ma anche in porzioni più ridotte da vendere singolarmente, nacque il cremino.

Alcuni sostengono che nella torrida estate del 1949 i panetti di “Giandujot” si scioglievano come neve al sole così i negozianti decisero di mettere la crema in barattoli e di rivenderla come crema da spalmare. Altri invece sostengono che il cioccolato si sciolse nei magazzini di Alba e il prodotto fu immediatamente travasato in dei barattoli. il nuovo prodotto veniva venduto in bicchieri e barattoli di vetro con il nome di Supercrema, si trattava di uno dei prodotti a base di cioccolato più economici reperibili sul mercato.

La svolta definitiva arriva però nel 1964 con il figlio di Pietro Ferrero, Michele il quale decide di perfezionare la formula rendendola ancora più morbida e attribuendole un nuovo nome: Nutella. La scelta di questo nome non fu casuale ma Nutella deriva da “danut” , che in inglese significa nocciola, accompagnato dal vezzeggiativo ...”ella” proprio a suggerirne l’uso quasi ludico. Anche la grafica si dimostra vincente: una grande “N” in nera e tutto il resto della scritta in rosso. Da quel momento in poi il successo della Nutella non ha mai conosciuto momenti di difficoltà. Da più di quarant’anni piace ai bambini ma anche agli adulti di tutte le età! Sui di Lei sono stati scritti libri e Le sono state dedicate scene di film importanti. Si tratta di un vero e proprio mito dal fascino, dal gusto, ma soprattutto dal successo intramontabile.

giovedì 12 febbraio 2009

sono a Roma


fino a domenica cari amici blogger sarò a roma! arrivederci a lunedì!!

mercoledì 11 febbraio 2009

Dedicato alla politica



questa frase dovrebbe essere ben leggibile
all' ingresso del parlamento italiano

"lasciatemi la presunzione
di sentirmi letale:
a volte duro, a volte
liquame"

Caparezza

lunedì 9 febbraio 2009

Ciao Eluana


Eterno riposo
dona a lei
o Signore e
splenda a lei
la luce perpetua
riposi in pace
Amen

domenica 8 febbraio 2009

vivere in armonia con la mia famiglia


“Siamo dovuti andare via dal nostro Paese a causa dei problemi politici e perché non c'è pace… dappertutto si incontrano soldati che uccidono…” Questa è la testimonianza di Silvia, giovane ragazza nigeriana, la quale ha accettato di raccontare a gli amici di Tele Radio Padre Pio il suo “viaggio della speranza” attraversando il deserto del Sahara per proseguire verso l’Italia. In effetti, il deserto viene attraversato da migranti economici, in maggior parte dell'Africa occidentale, e rifugiati politici, provenienti soprattutto dal Corno d'Africa. Le traversate si effettuano a bordo di camion o fuoristrada, affidati alla guida di organizzazioni criminali che gestiscono il passaggio clandestino di uomini e merci. La prima rotta migratoria attraversa il Niger, congiungendo l'Africa centrale e occidentale alla Libia, da dove il viaggio prosegue verso l'Italia. Durante il viaggio, i migranti e i rifugiati sono spesso vittime della brutalità della polizia e dei ribelli come ci racconta la stessa Silvia: “ Il viaggio non è stato facile. Ho visto morire con i miei occhi compagni di viaggio con cui eravamo partiti. Siamo stati in mezzo al deserto, senza acqua né cibo. Ho visto gente malata, ferita e addirittura uccisa. Abbiamo sofferto la fame e la sete senza alcuna assistenza…” Silvia, non potrà mai dimenticare gli orrori di ciò che ha vissuto, i dolorosi percorsi delle persone coinvolte, le loro sofferenze, la tragica fine delle speranze di amici d’avventura. Attualmente fa parte di quei tanti immigrati e rifugiati politici accolti presso il campo di Borgo Mezzanone, centro di “Prima Identificazione” della Prefettura di Foggia. Qui, Silvia, trascorre le sue giornate con la speranza di poter trovare una sistemazione definitiva in Italia e con una preghiera quotidiana a Dio che racchiude il suo sogno : “ Prego Dio perché possa, quanto prima avere un documento che mi permetta di lavorare e farmi raggiungere dalla mia famiglia. Mi mancano i miei bambini …ogni giorno piango per i miei figli. Questo è il mio sogno. Questa è la preghiera che faccio tutti i giorni. Silvia è un nome fittizio, usato per proteggere la sua privacy, che in sintesi racconta la storia drammatica e crudele di tanti immigrati e rifugiati che raggiungono le coste italiane in cerca di un futuro migliore. L’intervista integrale andrà in onda giovedì 29 gennaio 2009 su Tele Radio Padre Pio, alle ore 18.20 circa, all’interno del programma: “Un senso, un traguardo”.

sabato 7 febbraio 2009

Inizia l'agonia

dal corriere della sera

Le saranno dati ansiolitici e antiepilettici. Il cuore potrebbe fermarsi in meno di due settimane

UDINE — Eluana ha iniziato a morire. Da ieri è in atto la seconda fase del protocollo medico che farà tornare indietro le lancette del tempo, fino a quel 18 gennaio 1992, quando, in fin di vita per un incidente stradale, venne ricoverata all'ospedale di Lecco. Per riconsegnarla al suo destino, deviato 17 anni fa da una «rianimazione sbagliata», Amato De Monte e Carlo Alberto Defanti, i medici che la seguiranno fino alla morte, hanno concordato lo stop alla terapia di alimentazione e idratazione artificiali. «Quantità azzerate» nelle ultime 24 ore.

Di fatto, però, nonostante sia stabilita una precisa tabella di marcia, depositata anche in procura e questura, ogni particolare potrà subire modifiche. Sarà De Monte, primario di rianimazione dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, capo dell'équipe di volontari che ha preso in carico Eluana, a dettare le prescrizioni giorno dopo giorno, d'accordo con il neurologo che da 12 anni cura la donna. Quindici giorni, la durata del protocollo, in realtà nessuno può prevederlo. «Andrà avanti fino a quando sarà necessario», come ha spiegato Defanti.

Il conto alla rovescia

Il conto alla rovescia è già iniziato. Eluana sdraiata nel letto, un infermiere che l'assiste, fuori dalla stanza le guardie giurate. Non c'è molto da fare, ormai, se non accudirla, starle vicino, curare ogni sua reazione, ogni conseguenza legata alla sospensione dei nutrienti. Per questo, lo prevede il protocollo, ci sono due farmaci pronti per l'uso: infusioni sottocutanee di «Delorazepam» (ansiolitico) e iniezioni di «Fenobarbitale Luminale» (anti-epilettico) per prevenire gli spasmi. Si deciderà al momento. Quando sarà opportuno. Se aumentare le dosi, quando somministrare le sostanze. Perché Eluana potrebbe reagire, il suo corpo percepire l'assenza di liquidi, la progressiva diminuzione delle riserve, e fare i conti con la disidratazione. È quello che l'aspetta. Ma non nei prossimi tre-quattro giorni. Il suo volto resterà ancora intatto, le guance piene, gli occhi allungati, le labbra rosa. Certo non come nelle foto, l'azzurro sulle palpebre, i capelli lucidi e lunghi, le pose da modella in tuta da sci o a cena con le amiche. Ma pur sempre bella, anche oggi, soprattutto per la pelle, ancora bianca e distesa.

Il decadimento
Poi arriverà il decadimento. Con sintomi evidenti, manifestazioni inevitabili. Ma il decreto della Corte d'appello di Milano ha previsto anche questo, indicando «modalità tali da garantire un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio, come umidificazioni frequenti delle mucose, somministrazione di sostanze idonee ad eliminare l'eventuale disagio da carenza di liquidi, cura dell'igiene del corpo e dell'abbigliamento». Una lista a titolo esemplificativo. In realtà ci penseranno gli infermieri ad alleviare i disagi, come si fa per qualunque malato terminale. E così sarà anche per Eluana quando il viso comincerà ad affilarsi, e zigomi e naso spunteranno sempre più pronunciati. Ma nessuno permetterà che la sua pelle si raggrinzisca e perda il candore, o che le labbra si essicchino al punto da spaccarsi.

Il progressivo torpore

E se i sedativi calmeranno contratture e crampi dovuti alla carenza di sali minerali, e le mucose verranno mantenute idratate, nulla potrà impedire che Eluana sprofondi in un progressivo torpore, tipico della privazione d'acqua, per poi diventare coma, sonno profondo. O che i suoi organi interni comincino a non funzionare. Il processo, secondo Defanti, potrebbe diventare irreversibile tra quattro-cinque giorni. Secondo l'anestesista che staccò il respiratore a Welby, Mario Ricco, ne potrebbero bastare tre-quattro. A questo punto il cerchio si chiuderà. E il tempo sarà tornato indietro, come ha sempre chiesto papà Beppino, in quella sala di rianimazione dell'ospedale di Lecco, dove un medico decise di salvarle la vita senza tener conto che lei, così, non l'avrebbe voluta.Questa volta, a meno di nuovi impedimenti, il suo cuore si fermerà, forse tra 10-12 giorni (nessuno può dirlo), per un prevedibile arresto cardiaco, conseguenza della disidratazione. Con lei, fino ad allora, l'inseparabile sondino.

Grazia Maria Mottola
gmottola@corriere.it

venerdì 6 febbraio 2009

Eluana, Napolitano non firma il decreto

ANCORA UNA VOLTA LA POLITICA STRUMENTALIZZA LA VITA UMANA E NUOVAMENTE DESTRA E SINOSTRA AFFRONTANO CON IDEE DIVERSE ARGOMENTI INPORTANTISSIMI
(Dal Corriere.it)
UDINE - Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che obbliga alimentazione e idratazione per soggetti non autosufficienti. Il testo recepisce le linee del decreto approvato venerdì mattina dal governo ma su cui il presidente Napolitano non ha apposto la firma. Alla riunione, presieduta dal premier Berlusconi, hanno partecipato il sottosegretario Gianni Letta, i ministri Altero Matteoli, Andrea Ronchi, Giorgia Meloni e Stefania Prestigiacomo. Assenti per motivi "logistici" i ministri della Lega, che però hanno chiamato il presidente del Consiglio per esprimere il proprio sostegno all'iniziativa. Il ddl è stato immediatamente inviato al Senato e Berlusconi non esclude che il via libera possa arrivare a breve: «Dipende da loro. I gruppi sono già in stretto contatto». Il presidente Napolitano ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge.

BERLUSCONI: APPELLO A SCHIFANI - «Abbiamo preso atto del rifiuto del capo dello Stato ma abbiamo ribadito l'urgenza del provvedimento - ha detto Berlusconi al termine del vertice di governo -. Ci siamo riuniti e abbiamo approvato un disegno di legge che recepisce il testo del decreto». Il premier ha detto che la risposta del Parlamento arriverà in breve tempo: «Il governo - ha spiegato - ha rivolto un accorato appello al presidente del Senato per una immediata convocazione del Senato in seduta straordinaria. Credo che convocherà subito una riunione dei gruppi e poi i gruppi decideranno quando potersi riunire. Se ci sarà la volontà di fare presto, noi crediamo ci possa essere una risposta da parte del Parlamento in pochissimo tempo». «Potrebbe non essere troppo tardi per Eluana - ha aggiunto Berlusconi -. Per una persona normale è possibile stare due o tre giorni senza bere, rivolgetevi a Pannella».

L'ITER PARLAMENTARE - In realtà, salvo accelerazioni, il ddl inizierà il suo iter lunedì, dopo la conferenza dei capigruppo (prevista alle 12) che decide l'assegnazione del testo, presumibilmente alla commissione Sanità dove è già in atto la discussione sul testamento biologico. A quel punto il presidente della commissione Antonio Tomassini convoca l'ufficio di presidenza per disporre le procedure necessarie e verifica se esiste una volontà politica concorde per accelerare l'esame del provvedimento che, se approvato in sede deliberante, non dovrebbe passare in Aula. Nel caso non dovesse riscontrarsi un clima di concordia politica fra le diverse forze, sulla base dell'art. 72 della Costituzione, o il governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto dei commissari possono richiedere il passaggio in Aula. Si tratterebbe di una decisione strategica cui la maggioranza potrebbe fare ricorso perché, una volta in Aula, è possibile contingentare i tempi e far decadere eventuali emendamenti.

giovedì 5 febbraio 2009

ciao Padania


Oggi come non mai si parla di federalismo, di Sud come zavorra del Pil del nostro Stato, ma io che ci sono nato al sud vorrei ricordare che il meridione è una terra stupenda di fede, di amore e tanta gente che ha fatto e continuerà a fare l' Italia!

C’è una musica in quel treno
che si muove e va lontano
musica di terza classe
in partenza per Milano
c’è una musica che batte
come batte forte il cuore
di chi parte contadino
ed arriverà terrone.
C’è una musica in quel sole
che negli occhi ancora brucia
nell’orgoglio dei braccianti
figli della Magna Grecia
in quel sogno di emigranti
grande come è grande il mare
che si porta i bastimenti
per le Americhe lontane
(E chi parte oggi pe’ turnare crai(1)
e chi è partuto ajere pe’ un turnaremai).
Grande sud che sarà
quella anonima canzone
di chi va per il mondo
e si porta il sud nel cuore.
Grande sud che sarà
quella musica del ghetto
di chi va per il mondo
e si porta il suo dialetto.
(None none none none
Lieva la capa da lu sole
Ca t’abbruciarrai lu viso
Perdarrai lu tuo colore
None none none none
Piglia lu libro e va alla scola
Quando te ‘mpari a legge e a scrive
Tanto te ‘mpari a fa l’amore)(2)
C’è una musica nei sogni
di chi dorme alle stazioni
negli antichi sentimenti
delle nuove emigrazioni
c’è una musica nel viaggio
dalla terra di nessuno
di chi porta nel futuro
i tamburi del villaggio.
(Zehey maro nandeha
Nandeha ny lefa jialy
Nmatsiaro anareo
Matsiaro antanana).(3)
Grande sud che sarà
quella anonima canzone
di chi va per il mondo
e si porta il sud nel cuore.
Grande sud che sarà
quella musica del ghetto
di chi va per il mondo
col suo ritmo maledetto
E sarà quel racconto
E sarà quella canzone
Che ha a che fare coi briganti
E coi santi in processione
Che ha a che fare coi perdenti
Della civiltà globale
Vincitori della gara
A chi è più meridionale.

Le Radici Ca tieni


Se non dimentichi mai le tue radici
Rispetti anche quelle dei paesi lontani
Se non scordi mai da dove vieni
Dai più valore alla tua cultura
Siamo salentini, cittadini del mondo
Radicati ai Messapi, con Greci e Bizantini
Uniti in questo stile con i jamaicani
Dimmelo da dov’è che vieni

Vengo dal Salento e quando apro bocca parlo in dialetto
E non perché non sappia l’italiano
Ché se voglio parlo anche il jamaicano
Perché l’importante è sapere un po’ di tutto
Anche se a volte di tutto me ne frego
Ma se qualcosa m’interessa son capace di fissarmi
E se è proprio quello che voglio fare mi metto là e lo faccio come posso
Perché devo essere io a decidere di me stesso
E la vera cultura è saper vivere,
Essere coriaceo ma sempre sensibile
Anche se la vita è dura, è meglio saper amare
Persino quando ti sembra impossibile

La difendo, la tengo stretta al cuore
La mia cultura rappresenta ciò che è successo e succederà
In questo mondo, in cui non ha più un valore
Chi parla un’altra lingua o è di un altro colore!
Ti tolgono tutto, anche la voglia d’amare
Ed è ovvio che tanta gente reagisca in modo assurdo!
Ti tolgono tutto, anche le orecchie per ascoltare
Chi piange e chiede aiuto per i torti che deve subire
Ti tolgono persino la terra da sotto i piedi,
Si comprano tutto ciò a cui tieni
Mi dispiace per tutto quello che ci togliete
Ma siamo ancora qui, da qui non ce ne siamo mai andati!

Vengo dalla terra dove c’è sempre il sole
Dove la gente cerca l’ombra per potersi rinfrescare.
E’ scritto sulle pietre ciò che voglio capire
Sono parole antiche, perché l’uomo non può cambiare!
La memoria è cultura ed è questo che vuole:
Ricorda quel che è stato, per poter capire
Basta mezz’ora perché il boia diventi vittima
Ma la vittima diventa boia senza la cultura!
Su queste radici noi siamo ben saldi
E possiamo amare popoli che non conosciamo
Allontanandoci da quelli che meditano l’odio e la guerra
Ma la mia mente non dimenticherà mai questi criminali!

Difendila, quando puoi difendila
E’ la tua terra, amala e difendila
Ancora, difendila!
Quando puoi difendila
E’ la tua terra, amala e difendila! Da chi?
Da chi vuole speculare e corrompere, difendila!
Da chi vuole approfittare dell’ignoranza, difendila!
Da chi vuole svendere la nostra arte, difendila!
Da chi non vuole più crescere, difendila!
Per chi non ha più speranza
Per chi è rimasto senza forze, difendila!
Per chi non ce la fa ma ci crede, difendila!
Per chi non riesce a starti dietro, difendila!

Vengo dal Salento e quando apro bocca parlo dialetto
E non perché non sappia l’italiano
Chè conosco anche due parole di wolof africano
“chep gen” è il riso che si mangia con le mani
E “mu nu mu cu bbai” vuol dire non posso farne a meno
E “man gi dem man gi dem” vuol dire andiamo adesso andiamo
Dovunque tu voglia purché portando rispetto
E facendoci rispettare per ciò che siamo
Perché la vera cultura è saper vedere
La realtà per quello che è, facile o difficile
La cultura vera è saper capire
Chi veramente ha bisogno e chi è il più debole

La difendo, stretta forte al cuore
Questa è la poesia che crea la terra con l’amore.
Quella che erediti, avendo modo di ascoltare
Grazie a chi la diffonde oggi e qui la può apprezzare.

Vengo dalla terra dove c’è sempre il sole
E per quelli che arrivano c’è sempre il mare!
Quello che devo comprendere sta scritto su queste pietre
E cerco di spiegartelo perché tu possa non dimenticarlo!

Difendila!
Quando puoi difendila!
E’ la tua terra, amala e difendila!
Ancora, adesso, difendila!
Quando puoi difendila!
E’ la tua terra, amala e difendila!

martedì 3 febbraio 2009

La vertigine della violenza: dare fuoco a un clochard per noia


Articolo trovato su Virgilio.
"Dai sassi scagliati dal cavalcavia, ai treni deragliati alle stazioni ferroviarie sfasciate per divertirsi un po', fino a stupri e omicidi per vincere la noia la cronaca degli ultimi mesi è sempre più piena di casi di violenze o gesti potenzialmente criminali compiuti da adolescenti senza nessuna spiegazione, la cronaca nera italiana si interessa spesso di episodi di violenza gratuita. Soprusi, pestaggi ingiustificati, raid vandalici e puntivi contro i nomadi, bullismo sono la risposta delle insicurezze sociali, del degrado e dell'inciviltà della società del benessere tuonano i sociologi. Periodicamente si abbatte come un ciclone questa spirale da Arancia Meccanica fatta di aggressioni brutali (vedi gallery), perpetrate per cercare "emozioni vere", come ammettono i protagonisti dopo il "trip che può dare un'aggressione". L'ultimo caso alle porte di Roma. Prima lo hanno picchiato selvaggiamente, gli hanno dipinto il volto con la vernice grigia e gli hanno cosparso addosso una bottiglia di benzina (guarda il racconto): un indiano senzatetto di 35 anni, Navtej Sing Sidho che sabato notte dormiva nella stazione di Nettuno, una cittadina del litorale laziale , si è incendiato come un bonzo in pochi minuti. A dargli fuoco sono stati tre giovani, uno di 16 anni, l’altro di 19, Luca, e l’ultimo di 29 Francesco, alla fine di una notte brava, piena di hashish e di sballo. Luca ha confessato, gli altri si sono rifugiati nel silenzio. Volevano emozioni palpitanti per finire la serata. "Ma il piano era di spegnerlo subito”. Giura uno degli autori del folle gesto. La decisione di bruciare l’indiano, pare sia maturata quando restava un euro nel contatore del self service dove stavano facendo rifornimento. Così, ai ragazzi, pare sia venuta in mente l’idea di riempire le bocce di birra che avevano trangugiato durante la notte. Nell’insensatezza delle spiegazioni del giovane si coglie il barbaro bullismo della banda: “E' stata solo una bravata, eravamo un po’ fatti e volevamo fare uno scherzo a quell’indiano. Il razzismo non c'entra. Lo avevamo incontrato e lui prima ci aveva insultato". Così per sentirsi forti, solo per infliggere una sofferenza. Una violenza gratuita come tante che caratterizzano il vuoto tempo moderno. Il divertimento consisterebbe nel sentire urlare il barbone indifeso. Anche ammesso che crolli l’attenuante razzista il teppismo criminale, il cui brodo di cultura possono essere le dichiarazioni a sfondo xenofobo, si respira a ondate, in Italia un clima caccia allo straniero fanno notare alcuni commentatori, che si è diffuso dopo lo stupro di Guidonia a opera di un gruppo di rumeni.
I militari sono arrivati in poche ore a individuare il terzetto. Il rogo umano è divampato quasi all'alba su una panchina di marmo della stazione ferroviaria. L'indiano, di probabile etnia sikh - dormiva lì da molte notti. Aveva perso il lavoro e non aveva i soldi per pagarsi un tetto.
Può bastare una notte di esaltazione a giustificare un episodio del genere? Bisognerebbe interrogarsi su questo, non solo ricorrendo all'insulsa socio-dietrologia. Forse possono aiutare anche le parole di Vittorio Tomasone, comandante provinciale dei carabinieri di Roma "non capire lo sfondo dietro questo atroce episodio sarebbe come non vedere ciò che succede attorno ai nostri giovani. L'uso smodato di droghe ed alcol a cui si sottopongono condiziona il loro comportamento". Così mentre il presidente Napolitano sollecita a vincere la xenofobia, il ministro Maroni spiega: "L'episodio di Nettuno non ha origine nel razzismo, ma nel degrado in cui vivono questi giovani: forse ancora più grave della motivazione razzista, perché denota la mancanza di principi fondamentali che hanno questi ragazzi". Cui si aggiunge la (quasi) certezza che anche con loro come con altri teppisti, la giustizia non sarà così dura."

Pensieri di una sera invernale


la nebbia invade la mia collinetta a 30 km dal mare e un pigro sole invernale scompare dietro i monti della Maiella. I giorni trascorrono inesorabilmente in questo vecchio e stanco Molise. Noi giovani di paese abbiamo voglia di andare oltre quel tramonto, andare in città in cerca di speranza, quella speranza che non trovi lungo i vicoli ormai disabitati del borgo medioevale. Solo dieci anni fa in queste stradine vivevo spensierato con la consapevolezza che se fossi stato buono la vita mi avrebbe premiato, oggi ho capito che la meritocrazia non è di questo mondo, eppure non sono e non voglio essere come gli altri, non voglio lasciarmi conquistare dall' omertà e dalle ipocrisie politiche. Voglio essere me stesso, credere in un futuro di allegria e di gioia con la consapevolezza che questo tramondo invernale non sia puro nichilismo, ma un punto di partenza per un nuovo giorno migliore.

lunedì 2 febbraio 2009

la scala


la vita è una lunga scala, forse a volte è una comoda scala mobile, spesso una lunga scala pendente ma ugualmente è un lungo percorso da vivere!

Ho perduto troppo tempo
tra la mia incoerenza
dietro cui ho trascorso giorni

Tutto intorno per il fondo
giù per questa scala
contro un esistenza vana

Tempo che ho perduto ormai
mentre allineo gli addii
e percorro questa scala

Spesso è notte in ogni posto
mentre sfido ad ogni costo
questa vita che è una scala

E sfoglio i ricordi,
i divertimenti
scrollando a fatica i pesi
che ormai non mi spaventano

Dal passato ho ereditato
la saggezza d’oggi
che vorrei ora mi aiutasse

Crescere non ti rende forte
quanto il sacrificio a volte
e per questo spesso è notte

Tempo che ho perduto ormai
mentre allineo gli addii
e percorro questa scala

E sfoglio i ricordi,
i divertimenti
scrollando a fatica i pesi
che ormai non mi spaventano

la vita è un pò più amara
ad ogni passo dalla scala

Spesso è notte in ogni posto
mentre sfido ad ogni costo
questa vita che è una scala

Tempo che ho perduto ormai
mentre li hai a di
e percorro questa scala

E sfoglio i ricordi,
i divertimenti
scrollando a fatica i pesi

E passano inverni
e ricordi eterni
e rimarrai il pazzo
di sempre
di sempre
di sempre
il pazzo di sempre

domenica 1 febbraio 2009

Chiara Luce badano



A Sassello, ridente paese dell'appennino ligure appartenente alla diocesi di Acqui, il 29 ottobre 1971 nasce Chiara Badano, dopo che i suoi genitori l'hanno attesa per ben 11 anni. Il suo arrivo viene ritenuto una grazia della Madonna delle Rocche, alla quale il papà è ricorso in preghiera umile e fiduciosa.Chiara di nome e di fatto, con occhi limpidi e grandi, dal sorriso dolce e comunicativo, intelligente e volitiva, vivace, allegra e sportiva, partecipa alla vita della parrocchia ed ha tanti amici. E' sana, ama la natura ed il gioco, ma si distingue fin da piccola per il suo amore a Gesù e alla Madonna; ha una particolare attrattiva per gli “ultimi” che copre di attenzioni e di servizi, rinunciando spesso a momenti di svago. Sogna di partire per l’Africa e fin dall’ asilo versa i suoi risparmi in una piccola scatola per i “suoi” negretti.E’ una ragazza normale, con un qualcosa in più: ama appassionatamente Gesù e nel suo amore coinvolge i genitori e chi l’avvicina. Unica differenza dagli altri ragazzi: è docile alla grazia e al disegno di Dio su di lei, che le si svelerà a poco a poco.Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita: è felice. A 9 anni entra nel Movimento GEN e da allora, in modo particolare, la sua vita è tutta in ascesa, una ricerca di “mettere Dio al primo posto”.Prosegue gli studi fino al Liceo classico, quando a 17 anni, all’improvviso, un lancinante spasimo alla spalla sinistra svela tra dolorosi esami ed inutili interventi un osteosarcoma, dando inizio ad un calvario che durerà circa tre anni.Chiara non piange, non si ribella: subito rimane assorta in silenzio, ma dopo soli 25 minuti dalle sue labbra esce il sì alla volontà di Dio, nell’amore al suo “Gesù abbandonato”. Non perderà mai il suo luminoso sorriso e, mano nella mano con i genitori affronta cure dolorosissime e trascina nello stesso Amore chi l’avvicina.Rifiutata la morfina perché le toglie lucidità, dona tutto per la Chiesa, la Diocesi, i giovani, i lontani, il Movimento, le missioni..., rimanendo serena e forte, convinta che “il dolore abbracciato rende liberi”. Ripete: “Non ho più niente, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare”. La sua cameretta, in ospedale a Torino (Regina Margherita) e a casa, è luogo di incontro, di apostolato, di unità: è la sua chiesa. Anche i medici, talvolta non praticanti, rimangono sconvolti dalla pace che aleggia intorno a lei, ed alcuni si riavvicinano a Dio. Ancor oggi la ricordano, ne parlano e la invocano.
Diceva agli amici: “... Voi non potete immaginare qual è ora il mio rapporto con Gesù... Avverto che Dio mi chiede qualcosa di più, di più grande. Forse potrei restare su questo letto per anni, non lo so. A me interessa solo la volontà dì Dio, fare bene quella nell’attimo presente: stare al gioco di Dio”. E ancora: “Ero troppo assorbita da tante ambizioni, progetti e chissà cosa. Ora mi sembrano cose insignificanti, futili e passeggere… Ora mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela. Se ora mi chiedessero se voglio camminare (l’intervento la rese paralizzata con dolorosissime e continue contrazioni alle gambe), direi di no, perché così sono più vicina a Gesù”.Alla mamma preoccupata continua a ripetere: “Fidati di Dio, poi hai fatto tutto”; e “Quando io non ci sarò più, segui Dio e troverai la for­za di andare avanti”.Chi la va a trovare esprime i suoi ideali, mettendo gli altri sempre al primo posto. Al “suo” vescovo, Mons. Livio Maritano, mostra un affetto particolarissimo; nei loro ultimi, brevi ma intensi incontri, un’atmosfera soprannaturale li avvolge: nell’Amore diventano una cosa sola; sono Chiesa!Ma il male avanza e i dolori aumentano. Non un lamento; sulle sue labbra: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”. Chiara si prepara all’incontro: “E’ lo Sposo che viene a trovarmi” e sceglie il suo abito da sposa, i canti e le preghiere per la sua Messa; il rito dovrà essere una festa.Ricevendo per l’ultima volta Gesù Eucaristia appare immersa in Lui e supplica che le venga recitata “quella preghiera: Vieni, Spirito Santo, manda a noi dal Cielo un raggio della tua luce”.
Per saperne di più visita il sito: http://www.chiaralucebadano.it/