lunedì 5 maggio 2008

abbracciamo il lebbroso anche noi...


Cari amici ben ritrovati! ho passato gli ultimi due giorni a Campobasso dalla mia ragazza..che stress il capoluogo molisano...finalmente a casa sulla mia collinetta a rilassarmi! Oggi voglio presentarmi un uomo: Francesco di Assisi, vi presento questo piccolo ma grande uomo con una parola. amare!

Amare è prendersi cura degli altri. Francesco ce lo dimostra nel modo più difficile: si prende cura dei lebbrosi. E pensare che aveva orrore dei lebbrosi. Cacciava addirittura il pensiero quando immaginava che ne avrebbe potuto incontrare uno. E invece....lo incontrò....

E la strada era così stretta che avrebbe dovuto incrociarlo.. a meno che non fosse fuggito. Ma il ricordo del crocifisso di S. Damiano gli bloccò la fuga. rimase immobile in mezzo alla strada. Il lebbroso veniva avanti adagio, adagio, vestito di stracci. Gli tese le mani fasciate e lo fissò con una dolcezza ed umiltà dolorosa. E fu a quel punto che qualcosa cambiò, Francesco fece un salto ed abbracciò il lebbroso, baciandolo sulla bocca. Il lebbroso si mise a piangere e Francesco piangeva con lui. Tirò fuori tutto quello che aveva e glielo donò. Ma non era nulla in confronto a quello lui gli aveva dato.

Di colpo era stato come se una lente deformante fosse caduta dagli occhi di Francesco. Ora sapeva qual'era la strada da tanto cercata invano.Essere un uomo per gli altri, a vita e senza alcuna contropartita, essere l'ultimo, ostaggio e proprietà di tutti, il minore tra i figli di Dio".

Il difficile era venuto subito dopo. Un lebbroso, Francesco si rese presto conto, era più facile baciarlo e abbracciarlo che lavarlo, medicarlo, asciugarlo, servirlo a tavola, mangiare con lui la medesima broda del lazzaretto, intingendo la mano nello stesso piatto comune, sfiorando con le proprie le dita purulente, e condurlo a passeggio fra i contadini, che al vederli abbandonavano urlando i lavori dei campi, e la gente, che in città spopolava in un istante le strade, come davanti a un mostro.

Ma, Francesco,per tutta la vita avrebbe dovuto a quel rudere d'uomo la felicità d'aver ritrovato se stesso, il coraggio d'accettare dei compagni, in qualche modo l'origine stessa dell'ordine. Lo avrebbe scritto anche nel testamento, affinchè i frati non lo dimenticassero mai:

"Prima che il Signore mi desse dei frati, nessuno mi rivelava che cosa dovessi fare. Poi il Signore mi condusse tra i lebbrosi, usai loro misericordia, e quelli che prima mi sembravano cosa troppo amara da vedere mi cambiarono in dolcezza d'anima e di corpo".

2 commenti:

Raffaella ha detto...

Credo che riuscire ad aprire gli occhi e il cuore sull'altro, scorgendo in lui il volto di Gesù, sia la cosa più difficile del mondo, ma anche l'unico modo che abbiamo per amarci davvero.

Ilgriffoparlante ha detto...

Beato te che ci torni sulla tua collinetta...;)haaa quanto mi manca fratello!